»LIMONOW«


von
Emmanuel Carrère



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«Limonov»: l'ultimo eroe decadente europeo

Alberto E. Maraolo

Asseriva Oscar Wilde che «quando i critici dissentono tra loro, l'artista è d'accordo con se stesso», tuttavia Emmanuel Carrère con «Limonov» ha ottenuto quel magico equilibrio di concordia tra i critici nell’elogio alla sua opera, per cui non potrà, con buona pace di Wilde, non essere in placida e soddisfatta sintonia con il proprio ego.

Il poliedrico scrittore parigino, anche regista e sceneggiatore, ha fatto il colpo della vita con il proprio libro di non-fiction sulla vita di Eduard Savenko, in arte «Limonov» — fusione delle parole russe che stanno per «limone» e «granata» — forse l’unico eroe decadente europeo vivente, epigono di Hemingway e D’Annunzio, ovvero di quella stirpe di personaggi che hanno reso la loro vita un romanzo e hanno realizzato romanzi sulla propria vita, in un inscindibile rapporto tra vita e letteratura.

La non-fiction è un genere in Italia ancora sottovalutato: «Gomorra» di Saviano è stato l’unico successo clamoroso degli ultimi anni; all’estero, invece, fin dai tempi di «A sangue freddo» di Truman Capote, il racconto di fatti reali in una cornice simil-romanzesca è sempre stato un lavoro molto rispettato. «Limonov» ne costituisce un fulgido esempio, riuscendo a coniugare la biografia del protagonista con la vita dell’autore — per ascendenze materne, sia genetiche che culturali, molto vicino al mondo russo — il tutto nella cornice della grande storia novecentesca della Russia e non solo.

La lettura del libro di Carrère è un vero guilty pleasure, perché non ci si può sentire innocenti nel simpatizzare con quel «buon farabutto» di Limonov, un uomo che ha vissuto mille vite: giovanissimo teppistello nell’Ucraina sovietica, nato mentre infuriava la guerra mondiale, poeta dell’underground moscovita, cameriere di un miliardario a New York, intellettuale rispettato a Parigi, soldato intruppato nelle file dei nazionalisti serbi durante la guerra dei Balcani, oppositore di Putin e Medvedev al fianco del grande campione di scacchi Kasparov. Un uomo iper-ambizioso che ha fatto della provocazione e dell’ossimoro le sue stimmate esistenziali: dongiovanni eppure fedele ai suoi grandi amori, virile e tuttavia felice delle sue esperienze omosessuali, fascista e comunista al tempo stesso, cinico ma sentimentale, violento ma sensibile. Ha girato mezzo mondo, è arrivato sia allo zenit che al nadir della scala sociale, ha sempre saputo stare al suo posto, sia fra gli artisti all’avanguardia della scena newyorchese e parigina che fra i carcerati russi — è stato ovviamente anche in prigione — amando al contempo la bella vita del jet-set e l’eremitaggio sui monti dell’Altaj, riunendo in sé le più grandi esperienze e le più evidenti contraddizioni.

Carrère ha attinto a piene mani dai libri che lo stesso Limonov ha scritto, quasi tutti autobiografici, nonché da un lunga intervista con lui: il russo è stato piuttosto freddo circa il lavoro dell’autore francese, probabilmente perché, in tono con il personaggio, preferisce essere il protagonista assoluto anche nella gestione dei propri ricordi e delle proprie memorie. Tuttavia il gran pregio di Carrère è quello di ricostruire, con poche informazioni essenziali, i punti cruciali della storia russa, specialmente alla caduta del muro di Berlino, nonché di restituire visibilità a grandi nomi, oggi trascurati dai più, in primis in patria, della cultura ai tempi dell’URSS: Solženicyn, Achmatova, Tarkovskij padre e figlio, e tanti altri.

In sintesi, «Limonov» è un viaggio a più livelli dentro l’anima russa e l’anima di un russo che ha saputo più di ogni altro incarnare le pulsioni contrastanti del proprio paese.


«MyGeneration», 23 marzo 2013

Eduard Limonow

Original:

Alberto E. Maraolo

«Limonov»: l'ultimo eroe decadente europeo

// «MyGeneration» (it),
23 marzo 2013